Abbiamo già visto il percorso che porta da Mesmer a Freud, dal mesmerismo alla psicoanalisi, e come Freud avesse rifiutato completamente le opportunità di cura offerte dall'ipnosi. Questo atteggiamento di rifiuto non è stato il solo, anche Jung, un'altra delle figure di spicco della psicoanalisi, rifiuta l'ipnosi, pur dovendo constatarne i successi nella cura.
Nel libro "Memories, Dreams and reflections" racconta di una sua esperienza con l'ipnosi, e da questo racconto si evince come, mancando assolutamente ogni aggancio a una qualche possibile spiegazione logica dell'accaduto, Jung rinunci all'ipnosi. L'ipnosi, d'altra parte, è in mano al soggetto, è un processo che si sviluppa nell'inconscio dell'individuo, e che non può essere pilotato dall'esterno, solo indirizzato.
Quando si pretende di voler spiegare ogni comportamento umano alla luce di una teoria, ogni successo alla luce di un lemma o di una proposizione, l'ipnosi non è indicata. A volte quello che accade durante il processo ipnotico può essere concepito e spiegato come miracolo, un fatto che accade in barba ad ogni legge naturale conosciuta, e che perciò non ha spiegazioni alla luce delle nostre conoscenza. Naturalmente questo è soltanto un'attribuzione di giudizio al processo ipnotico, fatta alla luce di ciò che non sappiamo e non vediamo di quello che succede.
Jung scrive :"Durante il primo semestre le mie lezioni trattavano principalmente il tema dell'ipnosi, anche con Janet e Flournoy. Successivamente il problema della Psicoanalisi freudiana venne in primo piano. Nei miei corsi di ipnosi ero solito indagare la storia personale dei pazienti che presentavo agli studenti. Un caso ricordo ancora molto bene. Apparve un giorno una donna di mezza età, apparentemente con una forte vocazione religiosa.
Aveva cinquantotto anni, ed era venuta con le stampelle, guidata dalla sua cameriera. Da diciassette anni soffriva di una dolorosa paralisi della gamba sinistra. L'ho collocato in un sedia comoda e le ho chiesto la sua storia. Cominciò a parlare ci come tutto fosse terribile - tutto il racconto della sua malattia venne fuori con la massima accuratezza. Infine la interruppi e le dissi: "Bene, ora, non abbiamo più tempo per parlare così tanto. Ora sto per ipnotizzarti".
Avevo appena detto le parole quando lei chiuse gli occhi e cadde in una trance profonda - senza ipnosi affatto!"
Qui mi permetto di notare che forse un pochino d'ipnosi c'era, e che se tutti coloro che fanno ipnosi fossero come la paziente di Jung, la vita degli ipnotisti sarebbe molto facile
"Mi interrogai su questo, ma non disturbai. Lei continuava a parlare senza sosta, e in relazione ai sogni più belli - sogni che rappresentavano un'esperienza abbastanza profonda dell'inconscio.
Questo, però, non lo compresi che anni dopo. Allora pensai fosse in una specie di delirio. La situazione è stata a poco a poco montando, in maniera piuttosto scomoda per me. C'erano una ventina di studenti presenti, ai quali stavo dimostrando l'ipnosi! Dopo mezz'ora di questo, volevo risvegliare il paziente. Lei non si svegliò. Mi spaventai, mi venne in mente che avrei potuto inavvertitamente indagato una psicosi latente. Ci sono voluti una decina minuti prima di riuscire a svegliarla. Per tutto il tempo non osavo permettere agli studenti di osservare il mio nervosismo. Quando la donna si svegliò, era stordita e confusa.
Dal mio punto di vista ci sono una serie di errori che può commettere un novizio dell'ipnosi: il primo è quello di spaventarsi e innervosirsi: se non si è presenti a se stessi in qualunque situazione, meglio lasciare stare l'ipnosi. Quando c'è un'abreazione importante il soggetto piange, strilla urla a volte si contorce su se stesso in modi improbabili: meglio non perdere la calma in quei frangenti e operare le tecniche di uscita dalla situazione.
A volte i soggetti non si svegliano, quando sono in trance profonda. Uso sempre la formula "Tra poco conterò da uno a tre e ti sveglierai, altrimenti in seguito non potrai più sperimentare questo piacevolissimo stato." La minaccia può non essere condivisa eticamente, ma finora ha sempre funzionato.
Dissi, "Io sono il dottore, e va tutto bene. "
Allora gridò:" Ma io sono guarita." buttò via le stampelle, e fu in grado di camminare.
Imbarazzatissimo dissi agli studenti: "Adesso avete visto che cosa può essere fatto con l'ipnosi."
In realtà non avevo la minima idea di cosa fosse accaduto.
Questa è stata una delle esperienze che mi hanno spinto ad abbandonare l'ipnosi. Non riuscivo a capire cosa fosse realmente accaduto, ma la donna era stata curata, e se ne andò con un ottimo umore. Le chiesi di farsi sentire, che contavo su una ricaduta in ventiquattro ore al più tardi. Ma i suoi dolori non si sono ripresentati, a dispetto del mio scetticismo, ho dovuto accettare il fatto della sua guarigione!"
Poche pagine dopo Jung aggiunge :"
"All'inizio ho utilizzato l'ipnosi anche nella mia pratica privata, ma ben presto la abbandonai perché usandola si brancola nel buio. Non si sa mai quanto tempo curerà un miglioramento o una cura, e ho sempre avuto scrupoli su lavorare in tale incertezza. Né mi piaceva di decidere da solo ciò che il paziente deve fare. Ero molto più interessato a imparare dal paziente stesso dove la sua inclinazione naturale lo avrebbe portato."
Stranamente, di questa paziente, che tra l'altro invierà a Jung il suo primo paziente per la pratica privata, Jung non coglie il fatto che proprio perché oscuro all'operatore il processo ipnotico funziona. Bisogna, come diceva Erickson, affidarsi all'inconscio e lasciare fare a lui, cosa non semplice se si pretendi di capire e interpretare. L'ipnosi non è comprensione e interpretazione, ma soli funzione e processo. Sul fatto di sapere e non sapere quando una persona è definitivamente "guarita!", questa certezza non c'è con nessuna tecnica. L'esame può essere fatto solo a posteriori per la vita restante del soggetto; quindi chiedersi se un successo durerà nel tempo ha poco senso. Comunque, testimonianze e letteratura su casi seguiti per molti anni, indicano che c'è remissione dei sintomi.
L'idea che mi sono fatto, è che Jung abbandonò l'ipnosi per dare ragione al suo scetticismo. Le conferme positive sull'ipnosi avrebbero messo in discussione e fatto vacillare troppi punti fermi e consolidati, troppe convinzioni, meglio quindi buttare via tutto e non pensarci più. A volte non è la soluzione migliore ai problemi in genere, ma fa risparmiare molte domande scomode.
Bibliografia
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Jung, C. G. (1989). Memories, Dreams and Reflections. New York: Vintage Books.