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Arto fantasma

18/06/2014 Alessandro Guidi — Ipnosi Commenta

La sensazione dell'arto fantasma si ha quando un arto amputato viene percepito come esistente. L'arto percepito può compiere movimenti, soffrire di crampi e altri fastidi muscolari. Il dolore avvertito (algoallucinosi), può essere fastidioso e persistente.

L'arto fantasma, o meglio la sensazione fantasma, si manifesta anche quando parti del corpo risultano isolate per danneggiamenti delle vie nervose afferenti.

L'arto fantasma non è statico, la sua immagine si modifica nel tempo, per cui si possono generare veri e propri moncherini fantasma. Un braccio fantasma può diventare una mano fantasma che spunta dal moncherino, dando fastidiose sensazione. Nelson, che aveva un braccio amputato, sentiva la mano del braccio amputato dolorosamente contratta, con le unghie fantasma dolorosamente piantate nel palmo.

La sensazione dell'arto fantasma può svanire quando quest'ultimo è inserito in una protesi come una mano in un guanto.

L'arto fantasma, che una volta era ritenuta una condizione psichiatrica, adesso è considerato un problema neurologico, infatti si ha una disfunzione dell'immagine di se, che molto probabilmente è collegata alla corrispondente immagine mentale della mappa corporea. L'arto fantasma compare dopo una amputazione, proprio perché esiste ancora nel cervello la corrispondente mappa mentale. Con i progredire nel tempo l'immagine dell'arto fantasma, che non può essere rinnovata né da sensazioni propriocettive provenienti dal corpo, né da stimoli visivi o tattili, si indebolisce nel tempo, generando i fastidiosi moncherini di arto fantasma. Un arto fantasma, dunque, non sarebbe che una parte dell'immagine corporea che è stata dissociata dal corpo attraverso il processo di amputazione.

Un famoso caso di Milton Erickson riguarda il trattamento di un arto fantasma e riguardo al trattamento degli arti fantasma con l'ipnosi Erickson dice: "E ho discusso con lui (un paziente con una gamba di legno) l'importanza di avere delle belle sensazioni nel suo piede di legno, nel suo ginocchio di legno, nella sua gamba di legno. Sensazioni di caldo. Di freddo. Di riposo. Ma molti pazienti con un arto fantasma doloroso, pensano soltanto al dolore. E se tu puoi avere un dolore fantasma, puoi avere anche un piacere fantasma." (Erickson & Rossi, 1979, p. 106-111)

Che l'ipnosi possa avere ragione degli arti fantasma, non è particolarmente straordinario, infatti l'arto fantasma altro non è che l'allucinazione di qualcosa che non esiste nel mondo esterno (o meglio, che non esite più), e le allucinazioni sono nel territorio di azione dell'ipnosi e ne rappresentano uno dei fenomeni ipnotici più spettacolari.

La soluzione definitiva al problema dell'arto fantasma, però, non sembra debba provenire necessariamente dall'ipnosi, ma da una intuizione geniale di Vilayanur Subramanian Ramachandran, un neurologo Professore nel "Department of Psychology and the Graduate Program in Neurosciences" della "University of California", San Diego.

Gli arti fantasma, possono manifestare paralisi, rimanere fastidiosamente immobili, contrarsi in posizioni dolorose. Nel 1993, Ramachandran, studiando le paralisi degli arti fantasma, ipotizzò che il cervello, in mancanza di conferme propriocettive e visive in risposta ai segnali mandati all'arto fantasma, poteva "abbandonare" l'arto.
Secondo il neuroscienziato, la paralisi dell'arto sarebbe stata "appresa". Per porre fine alla dolorosa condizione dell'arto fantasma paralizzato, sarebbe stato quindi sufficiente che il cervello disimparasse la paralisi appresa.

Ramachandran pensò di ingannare il cervello, facendogli credere che un arto amputato fosse ancora capace di movimento volontario, cosa non semplice da fare in mancanza dell'arto stesso. Ma il geniale neuroscienziato ideò uno strumento semplicissimo, costituito da una scatola di legno abbastanza grande da fare posto all'arto da trattare e uno specchio a dividerla in due. Infilando un braccio nella scatola, si ha l'illusione, guardando dall'alto e di lato, di vedere due braccia, mentre ne esiste uno solo e la sua immagine speculare.

Ramachandran sperimentò la scatola con un soggetto cui era stato amputato parzialmente il braccio e che aveva una fastidiosa mano fantasma che gli dava fortissimi dolori in seguito a dei crampi. Il soggetto mise il braccio nella scatola e guardò di lato. Immediatamente gli sembrò che il moncherino tornasse in vita, e Ramachandran gli chiese di effettuare dei movimenti con la mano.

Ne giro di pochi minuti i crampi si affievolirono ed era come se il cervello avesse disimparato immediatamente la paralisi appresa.

La scatola di Ramachandran è facilmente applicabile ad altre situazioni oltre quella delle braccia. E' uno strumento efficace, semplice ed economico, in grado di restituire in breve tempo serenità a chi soffre. Davvero una bella invenzione.

Note sull'esperimento

Considero questo esperimento assolutamente geniale, sia perché dimostra una grande comprensione del funzionamento del sistema nervoso, ma anche perché dimostra quanto siano strette le relazioni tra il copro e la mente. Un semplice effetto ottico basta a cancellare in pochi minuti mesi o anni di dolori e fastidi.

La brevità del trattamento rispetto al tempo di sofferenza, non mi stupisce, perché l'ipnosi mi ha insegnato che il tempo non è una variabile importante, quando si lavora con la mente. Ma questo esperimento, pure nella sua essenziale semplicità, mi fa domandare se siamo in presenza di un trattamento suggestivo.

Credo francamente che la suggestione deve avere una parte importante nell'esperimento, perché quello che gli occhi vedono, non è un arto reale, ma un semplice riflesso, una illusione. Il soggetto che effettua l'esperimento, è consapevole che sta osservando un riflesso, non un vero arto, quindi è consapevole dell'illusione.

Eppure alla mente, o a una sua parte, tutto questo sembra non importare. L'illusione compie il miracolo di sciogliere la paralisi e resuscitare l'arto fantasma. Come nell'ipnosi profonda, sembra che il controllo della realtà sia sospeso, e in questo caso, la mente sembra disinteressarsi se quello che vede, sente o pensa è una sensazione, una illusione, un'allucinazione. Va bene tutto, che sia vero o immaginato.

L'esperimento di Ramachandran, mi ha dato un motivo in più per dare credito alle tecniche di immaginazione guidata, che conducono il soggetto in un mondo immaginifico, dove però le cose che accadono nel pensiero hanno poi un effetto sulla realtà.

Non oso annoverare la scatola di Ramachandran tra gli strani strumenti ipnotici che sono stati proposti nel corso del tempo per suscitare l'ipnosi, anche perché su alcuni di questi, come i flash di Charcot e la "mano faradica" di Volgyesi, avrei solo cose negative da dire. Eppure, dal gioco di specchi di quella scatola, origina un'idea nuova, che arriva alla mente e la suggestione altro non è che un'idea che si realizza.

Bibliografia

  1. Erickson, M. H., & Rossi, E. L. (1979). Hypnotherapy, an exploratory casebook. New York: Irvington Publishers.

  2. Sacks, O. W., & Blum, I. C. (2013). Allucinazioni. Milano: Adelphi.

allucinazioni, allucinazioni positive, Ramachandran, suggestione, suggestioni indirette

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